Lo scorso Novembre, l'Amministratore Delegato di Poste Italiane SpA, ing. Massimo Sarmi, ha sottoscritto un ordine di servizio con il quale invita i dipendenti a moderare l'uso dell'inglese per garantire una comunicazione immediata con i propri interlocutori.
Sarebbero, quindi, destinati a scomparire teratomi linguistici come la Business Unit Philately, né inglese (semmai, se si vuol proprio fare del pidgin', Philately Business Unit), né altra cosa che splendido ungulese.
La home page di Poste Italiane è tuttora un bell'esempio: ATM, Poste Business, Poste Pay, Poste Shop (quelle strutture che si sono sovrapposte all'ufficio postale, dove troviamo le collezioni di Harmony e altri oggetti indispensabili al vivere civile, ma non i francobolli, o le confezioni di avvisi di ricevimento - le ricevute di ritorno - o i moduli per le richieste in distinta).
Ma si parlava (scriveva, leggeva) italiano prima dei corsi di inglese in Poste, ed in genere in tutta l'amministrazione della Repubblica? Gli avvisi di ricevimento/ricevute di ritorno, le distinte di cui sopra non indirizzano certo verso una risposta positiva.
L'incertezza e l'abuso linguistico della pubblica amministrazione sono sintomo della pochezza morale e tecnica della struttura.
E dopo l'ordine di servizio moralizzatore, si parlerà (scriverà, leggerà) italiano oppure la solita lingua, che dovrò continuare a tradurre in italiano prima di poter tradurre in portoghese o in inglese? Il dia-a-dia del traduttore dall'italiano rimarrà lo stesso, temo.
O ritorneremo alle istruzioni del Travaso, per non dir più bidet con molle e femminea pronunzia francese, ma bidè, con schietta e maschia pronunzia italiana?
Nessun commento:
Posta un commento