giovedì 25 marzo 2010

Instant Film is Back !


La pellicola a sviluppo istantaneo è di nuovo sul mercato.
L' Impossible Project, iniziato nell'Ottobre del 2008 con l'acquisizione dell'ultimo impianto della Polaroid, quello di Enschede, e con il supporto della Ilford Photo (ora Harman Technology Ltd.), ha presentato lo scorso 22 Marzo  New York le prime due pellicole a sviluppo istantaneo, la PX 100 (nel formato Polaroid Sx70) e la PX600 (nel formato Polaroid 600).
Le due pellicole (cui seguiranno entro le estate gli altri formati, tra cui l'8x10" ed il 20x24", ed una pellicola a colori) sono in vendita da oggi, 25 Marzo 2010, tramite lo shop della Impossible, e successivamente presso una rete di vendita in via di definizione.
Le nuove pellicole, bianco e nero, non sono repliche delle pellicole Polaroid, uscite definitivamente dal mercato nel 2008, ma emulsioni integralmente riprogettate, con caratteristiche che appaiono assai interessanti già dai data sheets (PDF) e dai primi esperimenti prodotti dagli artisti coinvolti nel collaudo del materiale.
L'utilizzo dei nuovi materiali è chiaramente quello creativo, anche se non si può certo escludere il riutilizzo dei vecchi apparati Polaroid per la fotografia scientifica: tenete ben puliti i rulli !

© Ascanio Trojani 2010 - Tutti i Diritti Riservati


lunedì 22 marzo 2010

Ascanio's Posterous™

Da oggi, brevi appunti e commenti, links ad articoli, siti, posti, luoghi verranno accumulati sul mio Posterous™.
Posterous ha il suo bravo feed in fondo alla pagina, riflesso anche nella colonna qui a destra.


Nota 2013/2016
Posterous non esiste più, fagocitato da Twitter. Simili conetnuti li potrete trovare sul mio canale Telegram: https://telegram.me/peritare

domenica 14 marzo 2010

Pellicola, digitale, enhancement, Rube Goldberg, MacGyver - I


Rielaborazione di cose dette qualche tempo fa, aggiornate e rimpinguate alla luce di recenti modi di peritare...

Nella elaborazione delle immagini ai fini forensi, il problema classico e numericamente più frequente è quello della differenziazione delle caratteristiche dell'oggetto in esame da quelle dell'ambiente in cui si trova.
Separare un tracciato da uno sfondo, un colore dall'altro, la firma dal timbro che la copre, una aggiunta dall'originale, una scritta sbiadita dallo sfondo; il tutto, con metodologia rigorosamente non distruttiva e non alterativa.
Il metodo di elezione fino ad alcuni anni fa era l'indagine fotografica per esteso campo spettrale, dall'ultravioletto all'infrarosso, con l'aggiunta eventuale dell'esame in fluorescenza UV o IR. Personalmente, ho sempre ritenuto il risultato delle pellicole migliore di quello dei sensori (curve di risposta più omogenee rispetto all'intervallo di sensibilità), e non sono il solo a crederlo.

Negli ultimi due anni, Kodak ha interrotto la produzione prima dell'Ektachrome EIR (dia, falsi colori, sviluppo in E6 - il link porta ad un PDF) e poi della Infrared High Speed (HIE, bianco e nero, io la sviluppavo col Rodinal - PDF anche qui). Alla data di oggi, rimangono le sole (ottime, comunque) pellicole Rollei Infrared 400 (prodotta da Maco, simile per sensibilità spettrale a quella che era la Ilford SFX o la Konica Infrared, propriamente una sensibiltà estesa sul rosso), e la EFKE IR 820, fabbricata in Croazia con tecnologia Orwo  dalla Fotokemika (questa ha una sensibilità estesa agli 820nm, non  è la Kodak HIE, ma abbastanza, ed ora è disponibile anche una versione priva del film antialo). Le EFKE e le Rollei sono disponibili in Italia tramite Fotomatica.
Per quanto riguarda l'analisi nell'UV, sono (ancora) utilizzabili le pellicole correnti: il problema vero è negli obiettivi recenti, con "troppo vetro" , che assorbe buona parte della radiazione nell'UV, e porta a tempi di posa eccessivamente prolungati e d a perdita di informazione. I migliori risultati li ho sempre con i Tessar (o Sonnar) e derivati (il Micro-Nikkor 55/3,5 per esempio), tre gruppi con quattro lenti, con un trattamento superficiale non eccessivamente spinto come quelli odierni. Come non bastasse, la qualità ottica è migliore anche nell'UV (oltre che nell'IR).

L'adozione delle macchine fotografiche digitali nell'IR e/o nell'UV richiede un investimento elevato che spesso non corrisponde ad un ritorno economico sufficiente, tenendo anche conto della rapida obsolescenza dei materiali, e della generale scarsa disponibilità del cliente a pagare per tali analisi.
Si tenga anche conto che qualsiasi protocollo di indagine sui documenti procede gradualmente nell'approfondimento delle analisi.
È quindi giustificata una analisi sulla confidenza che possa essere data da altri mezzi di indagine, basati sulla elaborazione di immagini digitalizzate (ottenute, per intendersi da un buon scanner) e sul loro enhancement (= noun; intensification; improvement; increasing of the value of ), procedimenti resi possibili dall'incremento della capacità di calcolo disponibile negli ordinari personal computers.
Dalla pratica professionale corrente (e da un bel po' di letteratura accumulata negli ultimi anni - io leggo, non dico di aver letto) credo che il metodo di prima scelta per l'analisi e la differenziazione delle caratteristiche sia l'analisi delle immagini ordinarie degli oggetti: le elaborazioni multicanale negli spazi colore ormai disponibili su qualsiasi programma di imaging, Bodziak, (pseudo) Nemarsky, deconvoluzione e resamplig dei livelli consentono di ottenere risultati consistenti e in alcuni casi non ottenibili in campo spettrale esteso.

Si vedano i semplici esempi nelle due immagini che seguono (cliccare sui riquadri per ingrandire):




Le immagini sono a bassa risoluzione con evidentissimi artefatti di compressione; nella pratica professionale (immagini a 1200 dpi almeno, profondità di colore adeguata, tiff, e via elencando) si hanno risultati di gran lunga migliori.


Chiaramente, una differenziazione ottenuta con tali metodi è condizione sufficiente a definire una diversità negli oggetti di indagine (inchiostri diversi, eliminazione di caratteristiche indesiderate, migliore leggibilità dell'immagine ai fini puramente infografici), ma non necessaria.
La mancanza di risultati NON dimostra l'unitarietà dell'oggetto.
Se si ottengono risultati con una analisi sulle immagini digitalizzate delle scritture (ed in generale di qualsiasi altro oggetto d'indagine)la ripresa nell'IR o nell'UV non è necessaria.

Potremmo dire che ci sono due modi (tra infiniti altri) di lavorare: à la Rube Goldberg o alla McGyver.
Nel linguaggio bieco degli ingegneri, un Rube Goldberg è un sistema estremamente complicato per svolgere una azione semplice. Un MacGyver è qualcosa che produce un effetto estremamente utile nella maniera più semplice e con mezzi non progettati per quello scopo.
Rube Goldberg, è lo pseudonimo di Reuben Augustus Goldberg, cartoonist statunitense, premio Pulitzer. L'espressione è da decenni sui dizionari. Il sito della Omega Engineering ha un'ampia sezione dedicata alle sue invenzioni.
MacGyver è proprio lui, l'agente segreto Angus MacGyver, che con Clippy (la graffetta di MS Word) una lattina di birra e due metri di nastro adesivo porta l'uomo su Marte (e ritorno).
Un MacGyver è un accrocco, un coacervo di oggetti che svolge egregiamente la funzione di uno strumento ultimo grido ad un millesimo del costo e, normalmente, con risultati di gran lunga migliori.
Dov'è il coniglio? Semplice, è la differenza tra sapere veramente perché le cose accadono, o farsele dire da qualcosa che non si sa nemmeno da che parte si accende (ma che costa un sacco di soldi ed il design curato da H.R.Giger).

lunedì 1 marzo 2010

Denise Bottmann, Não Gosto de Plágio


Spesso abbiamo parlato della nefanda pratica del tagl'incolla, in perizia ed in traduzione, anche se con il riguardo dovuto al tagl'incolla acritico e parassitario, il veritable roi del pollaio.
Abbiamo anche parlato del Diritto d'Autore in ambito peritale, ben differenziando tra quello che è l'ambito strettamente giudiziario e quello del mondo-di-fuori, ma ricordando sempre che l'attribuzione è una entità che non va mai ignorata.

Debbo segnalare, molto seriamente, la notizia della causa intentata in Brasile dall'Editrice Landmark contro la traduttrice e blogger Denise Bottmann.
Denise Bottmann è l'autrice del blog Não Gosto de Plágio, dove, sempre con il tono e la documentazione degna di una Perizia di Traduzione, ha pugnacemente denunciato la cattiva pratica editoriale e pseudoprofessionale dell'utilizzo delle altrui traduzioni senza il riconoscimento dei relativi diritti morali e materiali.
Per chi pratica le aule di Giustizia è normale imbattersi in traduzioni prese tal-quali da edizioni ormai esaurite, per ampi estratti quando non tal-quali, appunto, errori di stampa compresi.

Il processo avviato dalla Landmark contro Denise Bottmann ha però alcuni aspetti inquietanti, che riguardano le libertà civili di ogni cittadino, non limitandosi al semplice argomentare sull'esser stati trovati o meno con il naso dentro il barattolo della marmellata.
L'editrice ha richiesto, oltre ad un esorbitante indennizzo per presunti danni subiti, la chiusura del blog (in rispetto, udite udite, del diritto all'oblio) quale provvedimento d'urgenza antecausa, invocando la necessità di tutelarsi da ulteriori danni. Un settecento, diremmo da queste parti.

In appoggio a Denise Bottmann, è stato aperto un blog, apoiodenise, e avviata una petizione, che ad oggi è intorno al migliaio di sottoscrizioni.
Sul blog citato è anche disponibile l'intera documentazione sul caso, per chi crede che siamo ancora nel migliore dei mondi possibili.

Cari colleghi, orsù, fate vedere che ci siete.