Nella elaborazione delle immagini ai fini forensi, il problema classico e prevalente è quello della differenziazione delle caratteristiche dell'oggetto in esame da quelle dell'ambiente in cui si trova.
Separare un tracciato da uno sfondo, un colore dall'altro, la firma dal timbro che la copre, una aggiunta dall'originale, una scritta sbiadita dallo sfondo; il tutto, con metodologia rigorosamente non distruttiva e non alterativa.
Il metodo di elezione fino ad alcuni anni fa era l'indagine fotografica per esteso campo spettrale, dall'ultravioletto all'infrarosso, con l'aggiunta eventuale dell'esame in fluorescenza UV o IR. Personalmente, ho sempre ritenuto il risultato delle pellicole migliore di quello dei sensori (curve di risposta più omogenee rispetto all'intervallo di sensibilità), e non sono il solo a crederlo.
Negli ultimi due anni, Kodak ha interrotto la produzione prima dell'Ektachrome EIR (dia, falsi colori, sviluppo in E6) e poi della Infrared High Speed (HIE, bianco e nero, io la sviluppavo col Rodinal). Alla data di oggi, rimangono le sole (ottime, comunque) pellicole Rollei Infrared High Speed (prodotta da Maco, simile per sensibilità spettrale a quella che era la Ilford SFX o la Konica Infrared, propriamente una sensibiltà estesa sul rosso), e la EFKE IR 820, fabbricata in Croazia con tecnologia Orwo (questa ha una sensibilità estesa agli 820nm, non la Kodak HIE, ma abbastanza). Le EFK sono disponibili in Italia tramite Fotomatica. Per quanto riguarda l'analisi nell'UV, sono (ancora) utilizzabili le pellicole correnti: il problema vero è negli obiettivi recenti, con "troppo vetro" : i migliori risultati li ho sempre con i Tessar (o Sonnar) e derivati (il Micro-Nikkor 55/3,5 per esempio).
L'utilizzo delle macchine fotografiche digitali nell'IR richiede un investimento elevato che spesso non corrisponde ad un ritorno economico sufficiente, tenendo conto anche della rapida obsolescenza dei materiali.
È quindi giustificata una analisi sulla confidenza che possa essere data da altri mezzi di indagine, basati sulla elaborazione di immagini digitalizzate (ottenute, per intendersi da un buon scanner) e sul loro enhancement (noun; intensification; improvement; increasing of the value of ), procedimenti resi possibili dall'incremento della capacità di calcolo disponibile.
Dalla pratica professionale corrente (e da un bel po' di letteratura accumulata negli ultimi anni - io leggo, non dico di aver letto) credo di poter sottoscrivere l'affermazione che il metodo di prima scelta per l'analisi e la differenziazione delle caratteristiche sia ormai l'analisi sulle immagini ordinarie degli oggetti: le elaborazioni multicanale negli spazi colore ormai disponibili su qualsiasi programma di imaging, Bodziak, (pseudo) Nemarsky, deconvoluzione e resamplig dei livelli consentono di ottenere risultati consistenti e in alcuni casi non ottenibili in campo spettrale esteso.
Si veda il semplice esempio nell'immagine che segue (cliccare sul riquadro per ingrandire):
Le immagini sono a bassa risoluzione con evidentissimi artefatti di compressione (terza e quarta dall'alto..); nella pratica professionale (immagini a 1200 dpi almeno, profondità di colore adeguata, tiff, e via elencando) si hanno risultati di gran lunga migliori.
Chiaramente, una differenziazione ottenuta con tali metodi è condizione sufficiente a definire una diversità negli oggetti di indagine (inchiostri diversi, eliminazione di caratteristiche indesiderate, migliore leggibilità dell'immagine ai fini puramente infografici), ma non necessaria. La mancanza di risultati NON dimostra l'unitarietà dell'oggetto.