Da qualche tempo sto lavorando a un Dicionário Imobiliário [termos em uso no Brasil, com foco em São Paulo e tradução dos termos em italiano], nel tempo lasciato libero dal lavoro pagato a vacazione [4,16€, lordi, l'ora saldati dopo una media di tre anni dall'incarico] e dalle malattie.
Una bel malloppo, che tanti mi chiedono per non dipendere dalle allucinazioni suggerite su Proz, anche per il tipo di approccio multilaterale, ingegneristico-linguistico-finanziario-commerciale.
Ecco, ma una volta finito, che succede?
Non esiste un mercato di dimensioni sufficienti perché un editore se ne interessi, specie per la prevalenza dei monsú trovi-tutto-su-internet, che per la impossibilità morale di prezzarlo in modo anche simbolicamente remunerativo, lo so già da me che tra i colleghi non c'è trippa per gatti.
E allora? Vado avanti per la gloria, nella speranza che eventuali clienti dopo averlo visto chiamino me e non quella che era nata per tradurre Camões ma per campare deve tradurre i certificati di nascita ?
Chiamano m'selle, ovviamente, perché non chiede venti euro a cartella con un minimo di duecento più le spese, ma 0,001 euro a parola con sconto ripetizioni. E chissenefrega se per lei la powder room è la stanza polverosa.
Metti un link a Patreon, alla tua lista desideri di Amazon , a Buy Me a Cofee, mi dicono.
Ci ho provato: mezz'ora dopo se ne esce uno(a) e scrive ma perché, ti devo pure pagare ?
Questa non è più solo la death of expertise (rif. Nichols, [1]), ma è la morte della conoscenza, della creatività, del lavoro.
Non è più una questione di costo della cultura, in stile anni settanta, ma dell'esistenza stessa della produzione intellettuale, tanto gia c'è tutto gratis su Internet.
[1] Tom Nichols, The Death of Expertise: The Campaign against Established Knowledge and Why it Matters, OUP 2019