La Legge 8 Luglio 1980 n. 319, art. 10, recita:
Adeguamento periodico degli onorari
Ogni
tre anni, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro,
potrà essere adeguata la misura degli onorari di cui agli articoli 2 e 4
in relazione alla variazione accertata dall'ISTAT, dell'indice dei
prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatisi nel
triennio precedente.
L'ultimo adeguamento è del Maggio del 2002, tre omessi adeguamenti fa (Maggio 2005, Maggio 2008 e Maggio 2011 - Presidente del Consiglio dei Ministri sempre Silvio Berlusconi).
Ripetiamo ancora
i due (soliti) conti, in uno scenario nemmeno tanto ipotetico, anzi più
che plausibile e facilmente verificabile nella realtà dei fatti, considerando le ultime novità normative.
Vengo
incaricato di fornire l'assistenza come interprete specializzato
(portoghese brasiliano) in una indagine che si svolge attraverso
intercettazioni ambientali e telefoniche. Io non posso prestare
assistenza per più di otto ore al giorno (quattro vacazioni), come
disposto dall' art. 4 della L. 319, a meno che non sia presente il Magistrato e verbalizzi la mia effettiva presenza oltre il limite indicato.
L'incarico
può prolungarsi anche per alcuni mesi, e io debbo garantire comunque la
mia presenza per le otto ore giornaliere, festivi compresi. Inoltre, nel caso si
presti servizio in sala ascolti non è consentito svolgere contemporaneamente altri incarichi.
In un mese di trenta giorni, la Legge prevede che mi possa essere liquidata una somma massima di euro 984,53
-
lordi. Da queste si sottrae immediatamente un venti per cento di ritenuta alla fonte a
titolo
di imposta sui redditi - al momento della dichiarazione, abbiamo tra IRPEF effettiva e relative addizionali locali, il contributo alla Gestione Separata INPS al 27,72 %, qualche spesa (l'inchiostro per la richiesta di liquidazione).
Il
reddito mensile, al netto di tasse e spese, viene decurtato di circa il 55%, liquidato a fine inchiesta,
magari decurtato, e pagato materialmente anche un anno dopo : sono circa quattrocentocinquanta euro.
Analogo conto della serva può essere fatto per qualsiasi altra professionalità pagata a vacazione.
Non ripetiamo ancora una volta il disagio ad essere pagati meno del marginale che sporca i vetri delle automobili al semaforo davanti la Città Giudiziaria, degli
enormi rischi che si stanno materializzando in conseguenza
dell'espulsione dei professionisti qualificati dal circuito giudiziario,
sostituiti da volenterosi privi delle capacità operative minime,
e non parliamo nemmeno dei rischi di corruzione che inevitabilmente
appaiono quando si associano pagamenti indegni con professionalità
inadeguate - altrimenti qualcuno dice che ci stiamo sempre a lamentare.
La tariffa è pubblicistica ci si risponde; ma la pubblicità che potrebbe derivare dalla accessibilità degli elenchi è stroncata sul nascere dalla privacità.
Aggiungiamo che chi gode (è proprio il caso di dirlo) dei settori per i
quali è prevista una tariffa a percentuale non risente dell'inflazione
come ne risente chi è costretto alla quota fissa ovvero alle vacazioni.
La Corte Costituzionale è stata chiamata più volte ad esprimersi sulla legittimità della Legge 319/80, rispetto all'art. 36 della Costituzione.
Ed ha anche più volte richiamato il legislatore sulla diversità di trattamento dell'attività svolta per
l'Autorità Giudiziaria, non
solo per la disparità tra liquidazione a percentuale e liquidazione a vacazione,
conseguenza del colpevole mancato adeguamento agli indici ISTAT degli
importi tabellari nei termini (tre anni) fissati dalla Legge stessa, quanto
per il fatto che l'opera prestata per il Giudice o per il Magistrato
costituisca o meno una percentuale rilevante del reddito personale
dell'interessato.
Chi, cioè, lavora pressoché esclusivamente per l'Autorità Giudiziaria è discriminato rispetto a chi ha altre entrate che gli consentono di sostenere il sacrificio per il bene comune implicito nella tariffa pubblicistica.
La Sentenza numero 41 del 1996 concludeva che questa Corte non può non rinnovare l'auspicio che -
in attesa di norme migliori - le autorità indicate dalla legge
impugnata provvedano a rispettare le scadenze triennali di adeguamento
dei compensi dovuti in base alle variazioni accertate dall'ISTAT.
Quanto sia stata rispettata, lo stiamo vedendo da dieci anni. Evidentemente, la spending review è un qualcosa per cui si ritiene più utile risparmiare tre euro subito, a fronte delle migliaia e migliaia che si dovranno sostenere dopo qualche anno per rifare processi incardinati su materiale qualitativamente insufficiente.