domenica 2 febbraio 2014

Ripassando i fondamentali


Nelle Osservazioni sopra varie voci del Vocabolario della Crusca, compilate dall'abate Giovanni Romani di Casalmaggiore, edite in Milano nel 1826 per Giovanni Silvestri, alla pagina 168 troviamo il commento alla voce peritare :
"secondo la Crusca, vale Esser timido, vergognarsi, Non ardire, lat. Verecundari ; e, per appoggio di cosiffatte affini nozioni, adduce degli esempi tratti da scrittori antichi o semiantichi. I moderni però, che ben non conobbero la vera ragione per la quale un verbo, come in apparenza derivato da Perito, potesse assumere le preaccennate nozioni, non ne fanno uso nel valore di queste; ma piuttosto con maggior fondamento l'impiegano con significazione più analoga al radicale Perito, vale a dire di Far perizia di qualche oggetto apprezziabile. Gl'Ingegneri difatti usano del verbo Peritare, o Far la perizia, quando trattasi di Giudicare del valore di un campo, di una casa, di un edificio, di un'opera, ec. , nozione che non fu accolta nel Vocabolario della Crusca, sebbene renduta già generale nel comune discorso. Peritare pertanto per Temere, Peritoso per Timido,  e Peritanza per Timidezza, voci ch'io suppongpo imitate inutilmente dagli antichi sopra il francese Peureux (Pauroso), possono relegarsi al museo antiquario, non avendo bisogno la lingua nostra di servirsi di queste esotiche parole, per esprimere le nozioni che ad esse furono applicate."

Chiarissimo, anche quando implica che l'incertezza linguistica è sinonimo, se non origine, dell'incertezza metodologica, tecnica, morale. 

La sempre più ampia zona grigia - o verde bile? - che dal legislatore scende sino all'ultimo dei messi non rifiuta certo la pallida accezione, peritare come periziare, stimare.
Nelle Leggi, nei regolamenti, nelle Sentenze, nei Quesiti posti da Giudici e Magistrati, nelle Consulenze e nelle Perizie, si legge (o si sente) peritare come periziare, esaminare, stimare
Ma dall'incertezza linguistica discende anche l'incertezza metodologica, tecnica, giurisprudenziale. Il prodotto è pallido, incolore (o desaturato?), insapore, inodore. E chi scrive, chi legge, chi tace, è assorto, assente, sia nell'uso della lingua che nel controllo sostanziale dei propri atti.

Qui si riferisce cose che sembrano avvenire in un altro tempo, in un altro spazio, non certo qui, ora. Un po' come l'Italia per Shakespeare, o l'Ungheria dei film e delle commedie degli anni trenta, abbastanza lontane da non infastidire i presenti, abbastanza vicine da rendere comprensibile il contesto.
Se qualcuno poi ci si riconosce, sarà per un caso di sincronicità junghiana (pallida). E non credo abbia molto interesse a rivendicare la paternità dell'assorto pallore che crede suo.


 

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