lunedì 5 ottobre 2009

La stima della durata dell'incarico nella perizia di trascrizione e traduzione


È prassi diffusa in pressoché ogni Tribunale italiano, di ricevere gli incarichi per le perizie di trascrizione e/o traduzione a "scatola chiusa", senza cioè aver preventivamente visionato il materiale da trascrivere, non solo dal punto di vista della difficoltà di ascolto e di comprensione delle registrazioni, ma anche dal punto di vista della qualità dei supporti, e della necessità di dover procedere o meno (con l'ausilio di collaboratori esterni o meno, a cui dovranno essere anticipate le fatture) a riversamenti, ripuliture, decodifiche, segnalare la necessità di specifiche perizie foniche, e quant'altro. E a questo si aggiunga il fatto che le pressioni alla riduzione delle spese processuali troppo spesso si sfogano nell'imposizione al perito di tempi non sufficienti a svolgere correttamente il proprio operato, indipendentemente dal fatto che la perizia insufficiente porta ad una dilatazione dei tempi successivi del dibattimento, se non alla impossibilità di giungere ad una verità dibattimentale.
E, in cauda venenum, spesso non si è in grado di convincere Magistrati e parti che molto tempo si perde negli offici acessori: è assai raro che le registrazioni da trascrivere e/o interpretare siano agli atti del processo, e non si debba di conseguenza peregrinare alla loro ricerca.

Sono ancora in giro i nastri Geloso, altro che mp4 ..

Si è quindi costretti a dover richiedere o ad accettare termini per lo svolgimento dell'incarico fondati più sulla impressione del Magistrato e di ciò che a questi è stato riferito, o che sembra di poter dedurre dai brogliacci di intercettazione: poche cose, facile, per poi trovarsi decine di ore di materiale, in linguaggio gergale o addirittura in lingue diverse da quelle annunciate.

Una buona politica di minimo danno, sia per l'economia processuale che per il Perito, è quella di far sempre presente, a verbale, che l'incarico viene accettato senza completa cognizione dell'oggetto di perizia, e dei dati che consentirebbero di esprimere una previsione di tempi, di costi, di collaboratori esterni e di eventuali parti dell'incarico che siano al di fuori delle proprie competenze. Di conseguenza ci si riserva di presentare tempestiva istanza (e la tempestività deve essere reale, è decenza professionale, questa) per tutte le occorrenze, nella ipotesi che possano essere trattate senza contradittorio, prima della successiva udienza.

Il Giudice e le parti richiedono però, giustamente, almeno una indicazione dei tempi necessari ad espletare l'incarico, magari in base alla sola durata delle comunicazioni registrate. La durata dovrebbe essere immediatamente ricavabile dai brogliacci agli atti, se allegati alla richiesta di trascrizione. 

È cioè possibile, dalla sola indicazione della durata delle registrazioni, e da poche altre informazioni sulla loro qualità, dedurre il tempo necessario alla trascrizione e alla eventuale traduzione?


Con molta aprossimazione, si può ipotizzare una stima del tempo minimo necessario a trascrivere una comunicazione di qualità ottimale : va ascoltata una prima volta, vanno evidenziati i segmenti difficoltosi o critici, vanno identificati i soggetti coinvolti nella conversazione; va poi iniziata la trascrizione vera e propria, riascoltando i segmenti critici con la necessaria attenzione ed eventualmente intervenendo (se esiste una specifica autorizzazione del Giudice) con un restauro del segnale (che va a sua volta rigorosamente documentato). Infine, si deve riascoltare per verifica l'intera registrazione, verificando la presenza di elementi di ambiguità.
La traduzione richiede un tempo almeno pari al triplo di quello necessario alla lettura, nel più favorevole dei casi.
In precedenza si era provveduto alla verifica del materiale consegnato, alla sua integrità e qualità tecnica, si erano svolte le sedute di operazioni peritali. Dopo la trascrizione il materiale va allestito per essere degnamente presentato al Giudice (va impaginata e stampata la relazione, e inventariato il materiale da riconsegnare).
Supposto che il trascrittore sia un professionista non occasionale, si deve supporre che abbia già collaudato i suoi flussi di lavoro, in modo da ridurre al minimo i tempi necessari alle operazioni non specifiche (modelli grafici, protocolli di qualità, eccetera).


Nel migliore dei mondi possibili, quindi, non si può presentare al Giudice una trascrizione in un tempo mai inferiore a venti volte la durata della conversazione in esame, tenendo altresì conto che esistono tempi tecnici non riducibili (la stampa, l'impaginazione, le operazioni peritali).


Ogni piccola variazione in peggio nella qualità delle registrazioni, nelle difficoltà linguistiche o lessicali comporta aumenti sensibilissimi nella previsione dei tempi. Una registrazione ambientale dovrebbe, sempre nel migliore dei mondi possibili, essere trascritta in un tempo minimo di quaranta volte la durata della registrazione. Registrazioni di lunga durata dovrebbero essere suddivise in parti che non superano i cinque minuti (oltre i quali l'affaticamento neuropsicologico rende possibile errori).


Nella mia esperienza ho una ambientale di trenta secondi che ha richiesto trenta giorni di ripetuti ascolti e restauri del segnale: sono all'incirca 7200 volte la durata della registrazione.


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