« Dal finestrino guardo il pack, vedo che si avvicina, ritengo l'urto inevitabile. Il mio istinto aviatorio si risveglia: Non cadere col motore acceso! - e chiedo a Nobile se posso far fermare i motori.
Lui forse sta pensando la stessa cosa, perché senza esitare mi risponde, anzi quasi mi grida:
- Ferma ! Ferma !
Do' coi telegrafi ai tre motoristi l'ordine di fermare, e lo ripeto fino a che guardando verso poppa non vedo le eliche ferme.
Vedo la poppa e gli impennaggi puntati sul ghiaccio, vedo il ghiaccio che si solleva e che ci investe di traverso.
Sento un immane scroscio come di un enorme fascio di canne infrante, e poi non vedo più niente: tutto è diventato buio. In quel momento supremo penso a Marta, il suo nome mi sale dal cuore alle labbra, e la invoco.
Sento che cado di traverso, che rotolo di fianco, e percepisco sul viso il freddo bagnato della neve.
Balzo in piedi.
Ho gli occhiali sporchi di neve e di sangue, vi passo sopra la mano e vedo il dirigibile che va via di traverso. Lo vedo in aria per la prima e ultima volta. Ne pendono numerose corde, e sulla fiancata spicca la scritta: ITALIA.
Faccio meccanicamente qualche passo nella sua direzione per afferrare una corda, ma il dirigibile si allontana, si innalza, e si perde nello strato di nuvole.
Ho la spaventosa impressione di essere rimasto solo.
Sono le 10:33 del 25 Maggio. »