Fatto il lavoro, consegnato alla parte o depositato nella Cancelleria del Magistrato, vorremmo concludere il contratto con il pagamento del corrispettivo da parte del Cliente, sia esso l'amministrazione della Giustizia o il privato.
Il Magistrato, Giudice penale o civile, ovvero il Pubblico Ministero, ci ha dato un incarico in forma scritta, che abbiamo accettato, sottostando implicitamente ai disposti del Testo Unico per il pagamento delle Spese di Giustizia, e della L. 319/80 aggiornata al DM 30 V 2002 .
La parte, ovvero le parti coobbligate nel processo civile ci avranno anche versato una somma (fissata dal Giudice) a titolo di fondo spese, per la quale si deve emettere la relativa fattura (o ricevuta). È buona abitudine registrare il versamento (o meno) di detto fondo spese nel verbale di operazioni peritali.
Il cliente privato ci ha dato un incarico, presumibilmente (e preferibilmente) in forma scritta, fatto sottoscrivere contestualmente all'atto della comunicazione di Legge in merito alla tutela dei dati personali.
Cominciamo dall'onorario nel caso di CTU.
Per il fondo spese fissato dal Giudice, se la (o le) parti coobbligate non versano quanto dovuto, come deciso dal Giudice all'atto dell'incarico, il CTU potrà astenersi dallo svolgere l'incarico?
Per il fondo spese fissato dal Giudice, se la (o le) parti coobbligate non versano quanto dovuto, come deciso dal Giudice all'atto dell'incarico, il CTU potrà astenersi dallo svolgere l'incarico?
In generale, no, l'incarico va portato a termine. Vedi l'art 63 cpc, non ci si può astenere se non per le fattispecie di incompatibilità: "il consulente ha l'obbligo di prestare il suo ufficio". Nessuno te lo ordina di iscriverti all'elenco periti o consulenti, e gli onorari sono "cottemperati con la natura pubblicistica dell'incarico" (TU Spese di Giustizia, vedi sopra).
E ciò, anche nel caso che il fondo spese serva a coprire costi elevati dell'indagine, al di là della ragionevole copertura offerta dalle pallide tasche del consulente d'ufficio. Si veda, ad esempio, la ordinanza 209/2008 della Corte Costituzionale, in merito a una questione sul gratuito patrocinio: la disposizione censurata, laddove fa riferimento alle «spese sostenute»,
presuppone che la loro anticipazione a carico dell'erario venga
disposta solo dopo che il professionista nominato dal magistrato abbia
fornito la prova di averle effettivamente affrontate.
Ed in aggiunta a tutto ciò, si osservi che la fissazione del fondo spese, a differenza del decreto di liquidazione dell'onorario, non costituisce titolo esecutivo. Niente recupero coattivo, almeno per il fondo spese.
Una via di fuga si trova nel caso di soggetti per i quali si emette fattura, e per i quali è applicabile il Decreto Legislativo n. 231/2002, in particolare dell'art. 4 che recita: “Gli
interessi decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla
scadenza del
termine per il pagamento”. In sintesi, le fatture in questo caso si pagano entro trenta giorni dal ricevimento; gli interessi decorrono dalla data successiva al trentesimo giorno, senza necessità di costituzione in mora del debitore; sono calcolati sulla base del tasso BCE maggiorato di sette punti (per il primo trimestre 2010 sono pari all'otto per cento); si può avviare la riscossione coattiva (decreto e precetto) senza altro adempimento, dopo i trenta giorni di cui sopra.
Tale norma vale, per inciso, per tutte le fatture emesse verso aziende o professionisti, indipendentemente dalla finalità di Giustizia, si tratti di fondo spese o saldo della parcella, di consulenza d'ufficio o di parte.
(continua)
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