mercoledì 30 settembre 2009

Guardie e Ladri


È d'obbligo reiterare, ogni tanto. Post del 22 Febbraio 2009.

È norma che la guardia insegua il ladro, da Aldo Fabrizi e Totò a Harrison Ford e Tommy Lee Jones.
La Legge si adegua agli sforzi fatti per aggirarla, ricordando anche che questa non è applicabile alle fattispecie non definite come reato precedentemente alla sua entrata in vigore.

Nel 1935, viene pubblicata in strisce giornaliere Mickey Mouse runs his own Newspaper, di Floyd Gottfredson; in italiano è nota come Topolino giornalista.

Topolino, ancora coi calzoni corti e ben lontano dall'integrazione degli anni sessanta, subentra nella proprietà di un quotidiano locale.
La storia è una complessa trama di appalti pubblici per la Nettezza Urbana e i servizi alla Polizia, che finiscono assegnati ad una banda di criminali nonostante questa faccia offerte notevolmente più elevate della concorrenza onesta.
Topolino raccoglie le prove, le pubblica, crea e fa montare lo scandalo, nonostante le intimidazioni che raggiungono il culmine con un attentato che distrugge la tipografia dove viene stampato il giornale.
L'ira dell'opinione pubblica, informata dalla stampa, fa alla fine arrestare i criminali, cacciare i politici corrotti.
Ma siamo nell'America del 1935, in altro luogo, in altro tempo.

Qui, con le Leggi attualmente all'attenzione del Parlamento, in galera ci sarebbe Topolino per la pubblicazione degli atti di una inchiesta (che probabilmente non si potrebbe nemmeno svolgere), i politici corrotti sarebbero al loro posto, e l'opinione pubblica ignara continuerebbe a pagare gli appalti gonfiati alle associazioni criminali, che potrebbero riportare tranquillamente in Italia i soldi illegalmente trasferiti all'estero.

martedì 29 settembre 2009

Non c'era nessuno...


Lo scorso 28 Settembre il discutibile (e discusso) Ministro Renato Brunetta avrebbe dichiarato  Alle 14 al Tribunale di Roma mi hanno detto che non c'è nessuno.
Io, e molti altri colleghi, c'eravamo, nonostante l'ora, l'onorario indecente e pagato con anni di ritardo, le strutture ridotte al nulla da anni e anni di tagli.
L'affermazione, in bell'italiano, del Ministro chiarisce molte cose: siamo nessuno, che cosa andiamo mai cercando?

domenica 6 settembre 2009

La creazione di glossari gergali nell'indagine penale


Torniamo alla perizia di trascrizione e/o traduzione nell'indagine penale.
Si abbia a che fare con un una comunicazione verbale (che va quindi preventivamente trascritta ai fini dell'indagine) o scritta (ad esempio, una lettera, una nota), in cui ci si esprime in gergo, ovvero un linguaggio fondato su trasformazioni convenzionali delle parole di una lingua o d’uno o più dialetti, con inserzioni di elementi lessicali esotici o di nuovo conio, usato da chi appartiene a determinati gruppi professionali, come ad es. girovaghi, o gruppi sociali, come ad es. sette religiose o politiche, malviventi, carcerati, ecc., allo scopo di garantire l’identità di gruppo e di non farsi intendere da coloro che ne sono estranei (De Mauro).
Inoltre, consideriamo anche la possibilità che ci si esprima in lingua diversa dall'italiano, o dai dialetti italiani.

Questa è la normalità in quasi ogni indagine giudiziaria, in verità.
Rari, o nulli, sono i casi in cui in una intercettazione ambientale o delle comunicazioni non ci si trovi di fronte ad una variante gergale della lingua, sia essa minima come il normale lessico familiare, o professionale, o sociale (compreso in questo il politichese).
Non interessa qui discorrere dal punto di vista linguistico delle varianti gergali, non è il luogo e non c'è nemmeno lo spazio per farlo. Ci interessa discorrerne brevemente dal punto di vista del perito trascrittore o dell'interprete che deve fornire materiale all'inquirente o al giudicante, ovvero a difesa degli interessi del proprio assistito.

Il gergo ha tra i suoi scopi precipui quello di non farsi intendere dagli estranei, come detto. Quindi è per definizione chiuso, non aperto, non codificato; va quindi interpretato, tradotto.

Esistono varianti gergali diffuse, dal Lumfardo argentino, al Pajubá dei travestis brasiliani, alle mille e più di mille varianti del chicano degli immigrati ispanici statunitensi, il Taliano degli immigrati italiani in Sudamerica, alle varianti dell'inglese parlate dagli immigranti londinesi, alle mille e più di mille varianti delle bande e dei gruppetti giovanili. Ed esistono varianti e sottovarianti parlate da gruppi di qualche decina di persone (e anche meno).

Il traduttore, il trascrittore, l'interprete professionalmente cosciente ha sì a sua disposizione materiale più o meno affidabile (dalle indagini accademiche ai dizionaretti internettiani), ma questo è per definizione insufficiente.
Il gergo è definito, ancora, chiuso, non aperto, non codificato; trasmetterlo ad estranei significa aprirlo, vanificarlo. E seppure esistano varianti gergali della lingua che sono originate da necessita di affermazione della categoria nei confronti degli altri (vedi, ad esempio, i citati travestis brasiliani) e che pertanto trovano in una codifica una gradita affermazione della propria identità, un gruppo chiuso non ha il minimo interesse a far sapere in giro cosa dice, altrimenti perché mai userebbe una lingua diversa?

Da qui, la necessità di creare glossari operativi, studiando ed interpretando il linguaggio in esame, e stabilendo pressoché per ogni termine il grado di affidabilità della interpretazione fatta.
Dal contesto della conversazione, dai riscontri oggettivi dell'indagine, dall'esperienza derivata da incarichi precedenti si può giungere ad una interpretazione più o meno efficace dei singoli idioletti, tenendo bene in conto che stiamo parlando di indagini giudiziarie, dove dalla corretta interpretazione può discendere il fondamento per una incriminazione o un proscioglimento.

E qui cominciano i problemi operativi.

In una indagine che si basa su intercettazioni telefoniche, si procede progressivamente, e quasi mai si può ritornare indietro sulla interpretazione delle prime comunicazioni incontrate. Man mano che si procede nell'indagine, nell'ascolto, nella interpretazione, si accumulano informazioni che consentono di conoscere meglio i singoli idioletti, migliorando progressivamente la qualità del glossario. Però, spesso non è nemmeno consentito dagli operanti o dalla AG di procedere ad una revisione delle comunicazioni precedenti, per cercare di rendere migliori le interpretazioni fatte in precedenza, in condizioni di carenza lessicale da parte dell'interprete.
Si pretende, cioè, che il Perito sia imparato, più che in possesso delle capacità e delle conoscenze ad interpretare.
Analogamente, in un incarico di trascrizione della intercettazione (o delle conversazioni scritte ) fatta su incarico del giudicante, dove tutto il materiale è a disposizione del Perito, spesso non si riesce a convincere il Giudice del tempo necessario ad interpretare una variante gergale. L'intero corpus andrebbe ascoltato e revisionato più volte, cosa che spesso non è possibile fare, perché il tempo non c'è.

I glossari prodotti in singole indagini, inoltre, non possono essere resi pubblici, e non possono nemmeno essere trasferiti da un interprete all'altro, anche per necessità di sicurezza dell'indagine stessa (non far sapere che sappiamo cosa dici). Un glossario correttamente compilato, tra l'altro, richiederebbe anche informazioni su chi, dove e quando si esprime in quella tal maniera, e questo cozza (di brutto) con la procedura penale.
La conseguenza, è che i glossari rimangono confinati nell'esperienza personale del singolo perito, non circolano, debbono essere ricostruiti ogni volta.
Un passo indietro, sempre ad inseguire.




Sulla periziabilità dei documenti fotoriprodotti, ancora

Credo giovi reiterare questo post, già edito lo scorso 18 Aprile, con qualche chiosa. Per dimostrare praticamente le motivazioni che ostano all'espressione di pareri di autenticità su documenti fotoriprodotti (tra cui quelli fotocopiati), qualche tempo fa (ormai sono cinque anni) avevo predisposto un piccolo esperimento, riassunto nell'immagine che segue. Una sola delle tre scritture è "vera"; le altre due sono ricostruite con alcuni programmi di elaborazione numerica delle immagini, quindi "false", almeno per i fini che in questo momento interessano.
Ad oggi, nessuno è ancora riuscito a fornire un parere motivato su quale sia "autentica" e quali siano "false". Per chi vuole, sono disponibili a richiesta le immagini in alta risoluzione. In conclusione, non è possibile esprimere pareri completamente motivati su fotoriproduzioni. Tali pareri sono sempre sottoposti ad una riserva intrinseca ed ineludibile, ed a nulla le riserve platoniche che ogni tanto rispuntano dalle nebbie. A rigore, il parere tecnico su fotoriproduzioni dovrebbe essere sempre espresso previa decisione del Giudice o del Magistrato, in merito all'origine della riproduzione in esame, e sotto tale ipotesi (fotoriproduzione di documento che esiste nella realtà, giusta la decisione del Giudice o del Magistrato) il parere dovrebbe essere prodotto. Il Giudice o il Magistrato, cioè, decidono sulla validità dell'origine di un documento fotoriprodotto, e consentono acché possa essere acquisito come elemento in verifica o (e questo è un altro aspetto troppo spesso trascurato della questione) come elemento comparativo. A ciò si deve aggiungere, che qualora si accerti la presenza di differenze non giustificabili, queste hanno valore assoluto (se rilevate) nell'esprimere un parere di non autenticità.

venerdì 4 settembre 2009

Scritture

František Běhounek, alias Francesco Behounek, nato nel 1898 a Praga, e fondatore del locale Istituto del Radio.
È noto anche come scrittore di fantascienza, divertente e divertito.
Membro dell'equipaggio del Dirigibile Norge e del Dirigibile Italia, ed uno dei sopravvissuti alla caduta dell'aeronave sul pack.
Ne La Coda di Minosse è uno dei personaggi più interessanti, se non altro per la sua mitica stazza.


Autografo datato al 18 Febbraio 1929 - il Pierre cui è dedicato è mio padre, Pietro Trojani.